martedì 21 marzo 2017

Rocche del Gatto Pigato 2010




Non conosco personalmente - solo di vista - il signor Fausto De Andreis, una sessantina di vendemmie sulle spalle, definito da qualcuno anarchico della vigna.
Dopo aver bevuto i suoi vini, mi son curiosamente chiesto “ma perché anarchico?”

Con questo Pigato è stato coup de cœur; per ulteriori conferme, rivolgersi al coniglio alla ligure, in accompagnamento.
Macerazione, il tempo giusto e necessario, acciaio, riposo sulle fecce, niente filtrazione e poca solforosa. Tutto secondo la sensibilità di Fausto.
Anarchico?

Un vino di rara territorialità, dorato e secchissimo, con complessità crescente allo scorrere del tempo. Un calice via l’altro, che profuma e sa di mare, alga e salsedine, albicocca e pesca, cedro e arancia. E quei sentori che ti proiettano sulle colline liguri, fronte mare, in una dimensione balsamica e di macchia mediterranea – rosmarino e menta - con speziatura piccantina, quasi bruciante. E salino.

Dodicigradipuntocinque di meraviglia e bellezza, di profonda tensione gustativa.
Incanta in allungo.
Raramente ho trovato tanta pulizia e rigore, che fanno il paio con carattere e personalità.
Anarchico?

Per me, anarchico, lo è chi fa vini all’opposto.
Anarchico è il vino impreciso, difettoso, ridotto/ossidato a canna e altre pregiate essenze, di cui non sto qui a smenare.

Fausto anarchico?
Un lemma usato a vanvera, svuotato del suo significato e che mi ha garbatamente stancato. Come quello usato da un ex venditore di elettrodomestici, convinto di essere il creatore e custode del cd vino libero, facendone una mezza crociata, forse ignorando che il Fausto è da mo' che lo fa, indicandolo, al plurale, in etichetta.


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