lunedì 29 febbraio 2016

Domaine Des Roches Neuves Saumur-Champigny Terres Chaudes 2010




Thierry Germain, titolare del domaine, con questa boccia, mi fa cambiare opinione, di brutto, portandomi in territorio positivo, sul Cabernet Franc. Forse ne avevo bisogno e, gira che ti rigira, succede spesso che siano proprio i cugini a farmi sentire un po’ meno stupido, giacchè qualcuno sostiene che “solamente i cretini non cambiano mai idea”.

Questo Cab-Franc, in purezza, colpisce occhi, naso e palato.
E’ rubino luminoso, striato di porpora e si divide il parterre nasale tra splendide sensazioni fruttate e forte mineralità. Largo dunque ai fruttini di bosco – ribes, fragolina e mirtillo – una succosa ciliegia, con fiori al seguito - viola e ginestra – e, come ricordato, una cornice minerale davvero intensa.

Bocca fresca, precisa e ampia. La ricchezza in acidità e povertà in tannini, scatenano sorsi trascinanti, che richiamano, uno ad uno, i caratteri di cui sopra, mentre la mineralità si fa più affilata e pietrosa.
Sapidità e buona persistenza completano la golosità del palato.

Sì Thierry, mi hai convinto sul Cab-Franc, ma non sei stupide, e stai alzando il tiro, di bella, con gli eurini, birbaccione.




giovedì 25 febbraio 2016

Bressan Schioppettino 2006




E’ passato del tempo, da che scrissi di un vino di Fulvio, il “carrarmato” – così mi piace chiamarlo - del nord-est.
Da qualcuno considerato personaggio controverso (eufemismo) - per me semplicemente una Persona Vera - e da troppi ipocriti, usato come pretesto per enfatizzare il nulla e per dargli all’untore, anziché parlare dei suoi vini, delle vere gemme enologiche.
Ma che ci vuoi fare, alcuni non sapendo che minkia dire, riescono solo a buttarla, farisaicamente, in caciara.

Tanto per cominciare, uno che imbottiglia i propri vini quando li ritiene pronti da bere, e non quando glielo chiede il mercato. Il non ricorrere a sostanze chimiche e lieviti industriali, il non aggiungere anidride solforosa ai mosti e privilegiare fermentazioni spontanee, va da sé, richiedano tempi completamente diversi e soprattutto lunghi, assai lunghi. Infatti, ora in commercio trovi il 2008, mentre questo lo comprai da lui, due anni fa.

Il vitigno è la Ribolla Nera, una varietà antichissima, chiamata Schioppettino in Friuli.
Un rubino vivo e profondo appaga l’occhio, mentre il fresco ricamo olfattivo – proprio di ricamo si tratta – parte, lancia in resta, tutto pepe bianco, resistendo, piacevolmente, e a lungo, nelle narici, prima di consentire il racconto di altri profumi. Passata la forte folata speziata, è il turno della frutta rossa - ribes, mirtillo e lampone – seguita, a ruota, da foglie secche, umori di macchia mediterranea e di sottobosco, con sentori finali di liquirizia.
E’ un naso vitale, cangiante e in continuo movimento.

La bocca, verticale e complessa, non sconfessa di una virgola lo spartito olfattivo, semmai, ne risulta maggiormente arricchita e amplificata. Formidabile è la cornice speziata, all’interno della quale si muovono, armonicamente, ricchezze di aromi, dai fruttini rossi, a toni vegetali, dall’humus, a fresca mineralità.
Il sorso, bilanciato e sapidamente vellutato, di giusta acidità e media persistenza, mi consegna, sul finire, un palato dove svettano ricordi di tabacco, cacao e china.

Ogniqualvolta apro un flacone di Fulvio, per me è sempre un’emozione, con tanti saluti a chi spende il proprio tempo solamente per scatenare ipocrite crociate.


martedì 23 febbraio 2016

Pena o Pietà?




dj dc
di corsa, senza vocali(st)

In riferimento alla ennesima, illuminante, trasmissione sul vino, trasmessa domenica scorsa su un canale televisivo della tv di stato, non sorprende tanto il taglio – approssimativo?, sconcertante?, disinformato?, disinformante?, scandalistico? – quanto piuttosto ci siano ancora autorevoli siti enoqualchecosa che, il giorno dopo, riprendono l’argomento, dilapidando pixel a canna.

Tutta la mia stima a chi ancora fabbrica ‘sti programmi e ai sapienti che ne scrivono.

Magnifico & Magnetico


lunedì 22 febbraio 2016

Terre di Toscana 2016 | Lido di Camaiore





Presso l’Una Hotel Versilia di Lido di Camaiore, domenica 28 e lunedì 29 febbraio, si terrà la nona edizione di Terre di Toscana. Una vera e propria full immersion nelle eccellenze della produzione vinicola toscana – “il più bell’evento sul vino toscano” - con la partecipazione di 130 selezionatissimi produttori – tante conferme e nuove realtà - con oltre 600 vini in degustazione.

Tutti i distretti vitivinicoli toscani saranno rappresentati ad altissimo livello.
Troveremo le espressioni dei territori più noti come Montalcino ed i suoi preziosi Brunello, il Chianti Classico con i suoi rossi armoniosi e complessi, Montepulciano con il Vino Nobile, l’elegante Carmignano e San Gimignano, terra della Vernaccia, uno dei bianchi italiani più ricchi di tradizione. Oppure potremo fare la conoscenza di zone vitivinicole di affermazione più recente, ma non certo meno note, come Bolgheri e la Maremma, o di quelle emergenti come Montecucco, Val di Cornia, Cortona, Pisa, Colline lucchesi e massesi. Fino ad autentiche nicchie di originalità come i Colli di Luni, la Garfagnana, il Casentino, il Mugello, l’Isola del Giglio, la Versilia.







Inoltre, come di consueto, il padiglione Golosizia, l’evento nell’evento, curato dal giornalista enogastronomico Claudio Mollo e dedicato all’alta cucina regionale. Nel corso di sfiziosi cooking show in forma di conversazione con il pubblico si alterneranno, anche quest’anno, ben sei chef all’opera, 3 la domenica, 3 il lunedì, sia per andare alla scoperta delle novità, sia per celebrare chi, ormai da tempo, contribuisce alla fama della cucina toscana nel mondo.
Largo spazio infine alla gastronomia, dove veri e propri artigiani del gusto - produttori di salumi, formaggi, olio, conserve e tanto altro - porteranno in assaggio e in vendita le loro bontà.

L’elenco delle aziende, i vini in degustazione e il programma completo della manifestazione, consultando il sito Terre di Toscana e seguendo le loro pagine social fb e twitter, per aggiornamenti in tempo reale.







venerdì 19 febbraio 2016

Delamotte Champagne Blanc de Blancs s.a.




Non fai in tempo a scrivere - giusto la scorsa settimana - che quasi sempre l’etichetta fa il monaco, che subito, quand même, vieni sbugiardato. Stavolta ho fatto filotto, poiché su tre flaconi, neanche mezzo mi ha convinto; per giunta dalla tipologia – blanc de blancs – che è considerata la specialità della casa.

Con la bacca bianca proveniente da 4 villaggi Gc – Oger, Cramant, Avize e Le Mesnil sur Oger – non è peregrino attendersi fuochi d’artificio o, quanto meno, la barra del minimo sindacale posizionata molto più su. Macchè, “il livello è basso”, come ricordava, mimandolo con la mano, Riccardo Pazzaglia.

Circa i profumi, li colloco non tanto in territorio “delicato”, quanto piuttosto in quello evanescente/latitante. Escludendo una buona freschezza, un discreto tocco di fiori bianchi e una flebile nota agrumata – più limone che altro – manca quello che costituisce la spina dorsale di un bdb con i fiocchi – ciò cui questa boccia ambisce - vale a dire la gessosità che, nella fattispecie dovrebbe stendere le narici.

Tutte queste debolezze trovano, malheureusement, abbondante corrispondenza in un sorso, burroso e lontanamente minerale, slegato e diviso tra confuse sensazioni acidule e dosaggio scomposto.

Tra il serio e il faceto, in ultimo, mi chiedo, se i grappoli migliori di Chardonnay non siano finiti, per sbaglio, nella cave à côté, quella con la “S”?