venerdì 10 giugno 2016

Moet Et Chandon Champagne Cuvée Dom Pérignon Vintage 1993




Il tappo è brutto, molto brutto, brutto e cattivone.
Al naso è cattivissimo, così cattivo che, al 99,99 periodico, un tappo così è prodromico di un vino bouchonné. Invece…quel nulla di probabilità cui aggrapparsi, con il trascorrere delle ore, ha ribaltato le più nefaste premesse.

Schema olfattivo inizialmente irrigidito, che piano piano si “scalda”, assumendo, dopo alcune ore, quella personalità intensamente espressiva e cangiante, che, di norma, si riconosce solo ai grandi vini.
Naso che combina, sapientemente, freschezza e terziarizzazione: champignon e tartufo bianco, humus e cera d’api, resina di pino e anice stellato, burro e frutta tropicale, con nervature iodate e affumicate.

In bocca il passo è splendidamente serrato e compatto. L’ossigeno aiuta, come non mai, a svelare la ricchezza dello scrigno, la boccia si apre completamente generando reazioni simil-ormonali, o giù di lì. Scorze di cedro e mandarino, pesca e pera, zucchero di canna, miele e zenzero...La ripresa delle prime sensazioni olfattive, fa ripartire le danze, creando un ciclone di emozioni al palato.

Persistenza quantificabile in quarti d’ora, con potenti richiami di spezie orientali e tartufo, uniti a effluvi salmastro-affumicati.

Al di là di qualsivoglia descrizione, resta granitica la convinzione di quanto, dinnanzi a queste opere d’arte, sia complicato – forse impossibile – raccontare compiutamente un’emozione e, soprattutto, trasmetterla via pixel.

Abbinamento? Il migliore, in assoluto: con le Persone più care, ça va sans dire.


Merci Hélène



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