mercoledì 4 dicembre 2013

Doc Barolo riserva 1962 Marchese Villadoria






Quando il vino dei re e il re dei vini era solo a denominazione controllata, ma non ancora garantita – lo diverrà nel 1981 – quando i flaconi contenevano solo 72 cl., anziché 75, quando io gattonavo, quando…

Un amico ha voluto condividere questo reperto archeologico che, a sua insaputa, si è ritrovato in cantina. Ammetto che la curiosità – tanta - era inversamente proporzionale alle aspettative – pochissime - soprattutto quando durante l’apertura, il tappo, totalmente imbevuto, si è spezzato, con una metà precipitata nel liquido.

Eppure, nonostante le numerose primavere, il colore non è così tanto, troppo ossidato. Presenta ancora un bel granato, vivido e limpido. Al naso, all’inizio, sa di muffa e di chiuso. Passa un’oretta ed il patrimonio olfattivo - quel che è rimasto – è completamente spostato su aromi terziari, per la verità molto tenui. Scorgo un po’ di fiori secchi, molta terra e mi colpisce una netta nota speziata, mescolata ad una mineralità assai salina. Tutto qui.

E’ al palato che il meglio, l’aveva (l’avrebbe?), forse, riservato molti anni prima. Qui l’ossidazione è netta ed inequivocabile e dopo una mezz’ora, anche l’olfatto, ne fa le spese, irreversibilmente.

Ad ogni modo, un’esperienza gustativa interessante, la cui morale, potrebbe riassumersi in: “…ogni tanto, facciamo un giretto in cantina e ‘ste bottiglie apriamole, qualche annetto prima, vero Paolo?”.





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